La possibilità per le aziende di aumentare i prezzi dei beni ai clienti per contratti di fornitura già conclusi dipende sicuramente dalle condizioni stabilite nel contratto originale stipulato tra le parti. Se il contratto prevede la possibilità di aumenti dei prezzi in caso di cambiamenti delle condizioni di mercato o di altre circostanze specifiche, allora l’azienda può procedere con l’aumento dei prezzi. Se, al contrario, non prevede questa possibilità, l’azienda potrebbe incontrare difficoltà nel tentativo di aumentare i prezzi e, soprattutto, finirebbe per compiere un atto illegittimo, esponendosi al rischio che la controparte si rivolga al giudice per far rimuovere l’illegittimità. In generale, è importante che entrambe le parti comprendano e accettino le condizioni stabilite nel contratto, prima che esso venga sottoscritto.

Contratti conclusi tra azienda e consumatore

La normativa in materia di aumenti dei prezzi dei beni ai clienti per contratti di fornitura già conclusi varia a seconda del paese e della legislazione specifica. Le ultime normative tendono a proteggere i consumatori dalle pratiche commerciali ingiuste, tra cui gli aumenti dei prezzi arbitrari. Ad esempio, in Europa, la direttiva sui contratti a distanza e la normativa sulla protezione dei consumatori stabiliscono che i contratti con i consumatori non possano essere modificati unilateralmente dall’azienda, a meno che il contratto preveda esplicitamente la possibilità di tali modifiche e che i consumatori siano adeguatamente informati e diano il loro consenso. Lo stesso avviene nel nostro Paese.

Cosa dice la legge italiana

In Italia, infatti, la normativa in materia di aumenti dei prezzi dei beni ai clienti per contratti di fornitura già conclusi è disciplinata dal Codice del Consumo, che stabilisce che i contratti tra imprese e consumatori non possono essere modificati unilateralmente dall’azienda, a meno che il contratto originale preveda esplicitamente la possibilità di tali modifiche e che i consumatori siano adeguatamente informati e diano il loro consenso.
In particolare, l’articolo 1373 del Codice Civile stabilisce che i contratti a lunga durata (ad esempio, quelli di fornitura di beni o servizi per un periodo superiore a 12 mesi) non possono essere modificati dalle parti in modo unilaterale, se non per giusti motivi e con il consenso dell’altra parte.
Inoltre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) è l’organo preposto alla vigilanza e alla repressione delle pratiche commerciali scorrette e potrebbe sanzionare le imprese che violano le norme sulla protezione dei consumatori. In sostanza, le aziende che vogliono aumentare i prezzi dei beni ai clienti per contratti di fornitura già conclusi devono:
• rispettare la normativa italiana
• avere un giustificato motivo per l’aumento
• informare i propri clienti con preavviso sufficiente affinchè possano modificare o rescindere il contratto.

Nel caso degli aumenti delle materie prime, le aziende possono trovarsi in una situazione di difficoltà a causa dell’aumento dei costi di produzione che si sta verificando soprattutto negli ultimi mesi. In Italia, come in molti altri paesi, le aziende possono cercare di recuperare questi costi aumentando i prezzi dei propri prodotti, ma devono comunque rispettare la normativa in materia di protezione dei consumatori e di concorrenza.
Nel caso in cui, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) accerti l’aumento ingiustificato dei prezzi si parla di pratiche commerciali scorrette, come l’abuso di posizione dominante o la manipolazione del mercato delle materie prime.
Quali sono le conseguenze
È opportuno sottolineare che le conseguenze dell’aumento dei prezzi dei beni per contratti di fornitura già conclusi dipendono dalle specifiche circostanze e dai termini del contratto. In generale, se un’azienda viola i termini di un contratto già concluso, può essere soggetta a sanzioni, quali il risarcimento dei danni causati al cliente, la risoluzione del contratto e la perdita della fiducia del cliente.

Inoltre, se l’aumento dei prezzi dei beni viene effettuato in modo ingiusto o fraudolento, ad esempio attraverso la manipolazione del mercato o la frode commerciale, l’azienda può essere soggetta anche a sanzioni di carattere penale.
In alcuni casi, l’aumento dei prezzi può anche violare le leggi antitrust e può essere soggetto a sanzioni da parte delle autorità antitrust.

Contratti conclusi tra aziende:

In particolare ci soffermeremo sui contratti conclusi tra aziende, per cui è possibile distinguere tre situazioni distinte che andiamo ad analizzare di seguito:

  • A) Una azienda, durante l’esecuzione di un contratto ad esecuzione periodica, differita o
    continuata, può ritenere che la prestazione a cui deve adempiere sia divenuta eccessivamente
    onerosa.
    In questo caso, è consigliabile comunicare la sopravvenuta onerosità e dunque l’intenzione
    di risolvere del contratto. Se invece c’è un interesse a mantenere valido il contratto, è
    consigliabile chiedere di modificare le condizioni. In ogni caso, occorre essere consapevoli
    che l’altra parte avrà diritto di sospendere la prestazione a sua volta.
  • B) Una azienda riceve dall’altra parte una comunicazione di impossibilità sopravvenuta
    della prestazione.
    In questo caso, è consigliabile contestare l’impossibilità della prestazione e comunque sospendere
    la propria prestazione (ai sensi dell’art. 1460 cod. civ.). Se la sospensione dell’esecuzione
    della controparte fa mancare l’interesse a mantenere valido il contratto, è bene
    comunicare la risoluzione del contratto.
  • C) Una azienda riceve dall’altra parte una comunicazione di eccessiva onerosità della prestazione.
    In questo caso, è consigliabile contestare l’eccessiva onerosità e chiedere la prestazione. Si
    può anche offrire di ricondurre il contratto ad equità modificandone i termini. In ogni caso, è
    consigliabile sospendere la propria prestazione (ai sensi dell’art. 1460 cod. civ.).

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